mercoledì 29 maggio 2013

Osare per non posare



Io mi chiedo come sia possibile che in uno spazio temporale relativamente stretto una massa ingente di persone possa cambiare idea in una maniera talmente radicale tanto da farmi sentire un ingenuo, tale è lo spirito di auto-realizzazione e di scoperta con cui professano questo improvviso cambio di direzione. Sembra quasi che sia un coglione io a pensarla come la pensavo l'altro ieri.

Ma perché io continuo a pensarla così mentre gli altri si fanno sbattere i neuroni da una parete all'altra del cervello in una maniera così frenetica da concludersi in un moto costante e duraturo, così da apparire addirittura naturale?

Fin dai miei primissimi anni di vita, metti per l'appartenenza a due culture quasi totalmente differenti tra loro, metti perché i miei genitori, esponenti di queste due culture da cui traevo esempio, sono comunque personalità eccentriche tra i loro connazionali, mi sono sempre sentito un po' "fuori dal coro".
Quando si parla di mode, di comitive, di sport, di personaggi famosi o programmi televisivi non ho mai qualcosa da dire se non "mi dispiace, non conosco", perché effettivamente mai me n'è fregato un cazzo di stare a sentire blaterare una tizia semi-analfabeta tutto il pomeriggio in televisione insieme ad altri tizi più o meno analfabeti che altro non hanno da fare nella vita se non mettere bocca su ogni singola stronzata che succede nel mondo; ed eccoli che parlano di omicidi, di crisi, di rischi e di pericoli e se ne stanno a parlare per ore, li elencano e li approfondiscono, li discutono e poi li affermano col risultato che dopo 3 ore di terrorismo mediatico ininterrotto il tuo cervello ha ormai paura di tutto: non fai uscire tua figlia da sola la sera, perché chissà potrebbe succederle, o cosa potrebbe succedere ai tuoi genitori se non li chiami ogni 10 minuti e pensa se invece che usare 4 ruote ne usassi 2 e se raccogliessi una bacca selvatica che non è stata controllata da nessuno? potresti rimanerne avvelenato, sia mai che provi a stare un solo attimo distratto e senza pensieri: la tragedia è dietro l'angolo.
Così un uomo comune che non vede e non sente il magico scatolone nero, non viene raggiunto dalla "sensibilizzazione del rischio" e sa osare, diventa subito un impavido, anzi no: un ingenuo. Uno stolto, pietoso, imperdonabile ingenuo. Tu che non sai cosa stai facendo. Tu sei il male in ogni cosa. Tu sei colui che fa soffrire, il vaso di Pandora.

In una civiltà così sterile, così lontana ormai da madre natura, la sofferenza è paradossalmente qualcosa di onnipresente ma allo stesso tempo insopportabile.
Non si riesce più a vivere senza sofferenza, il cinema ci ha insegnato a vivere soffrendo, ci ha fatto credere che le uniche vite che valgano la pena di essere vissute sono quelle misere in lotta travagliate da dolore e incomprensione dove trionferà la morte o la resa ad una vita sofferente, abbiamo avuto l'educazione del "messo peggio" che ci ha portato ad una gara alla sofferenza dove timidi non sappiamo più raccontare le nostre gioie ma tendiamo ad elencare soltanto le misfatte, scaturendo così un vortice invincibile di asprezza e depressione che può solo aumentare, portando intere società a vivere una vita solitaria, chiusa e priva di gioia.
Dall'altra parte, non riusciamo ad affrontare la vera sofferenza. Quella vera sofferenza che nel mondo animale dal quale proveniamo è ordinaria amministrazione. Anche senza estremizzare, questa sofferenza apparteneva al nostro stesso passato, qualche secolo fa. La paura della sofferenza ci è venuta infatti forse soltanto negli ultimi decenni, quando non siamo stati più capaci di accettare neppure l'odore del rischio che ci rimanda al dolore. Siamo popoli imbelli, che non sanno osare e non vogliono godere, di conseguenza non possono valere. Le pubblicità continueranno sempre a farci sentire di meno il peso di queste cose che sotto sotto tutti sentiamo chiaramente, con slogan tipo "io valgo" e tanti accessorini, vestitini, lozioncine e bevande che ci faranno sentire superman. La realtà è che non contiamo un cazzo, perché non faremo mai un cazzo. Non faremo mai un cazzo perché abbiamo paura di tutto. Paura di metterci in discussione, paura di fallire, paura di deludere, paura di soffrire.

Qual è il valore di un uomo che non soffre? Quale quello di chi non sa gioire? Cosa vale la vita di chi ha sempre tenuto i piedi sui percorsi battuti, e non ha mai esplorato le spinose foreste delle profumose gaggie in fiore? Chi è colui che ha sempre ascoltato? Chi è colui che ha voluto insegnare? Quanto vale il sapore di ogni singola scoperta, che mai potrà essere raccontato, insegnato o descritto?

Ci si muove ormai con cautela, ma la cautela è la nemica della scoperta, e la scoperta è sinonimo di esperienza. Non lo studio, ma la scoperta.
Scoprendo le cose da soli possiamo avere un'opinione critica personale, possiamo affermarci e conoscere di più anche noi stessi, riuscendo ad apprezzarci di più. Scopri da solo per scoprire te stesso. Uno slogan che sarebbe bello facesse breccia in una società che purtroppo pare non avere più autostima e che precipita in un baratro di invidia, cattiveria e solitudine.
In un simile stato d'animo, è facile controllarci. Si gioca delicatamente sulla paura: un po' più di qua, un po' meno di là. Non è difficile eliminare ciò che è scomodo se i tempi sono duri e lo puoi usare come capro espiatorio. Così con la paura le menti ascoltano, le menti temono, le menti cambiano. Repentinamente, continuamente, impazzite.

E così, incapaci di guidarci da soli, dobbiamo cercarci dei maestri.
Ma i maestri, cari miei, non esistono più. Sono stati risucchiati dal business. Quelli che non sono risucchiati, vengono occultati. Così ormai il maestro è solo il capo di una setta che ti riempie di stronzate per puro interesse personale. Siamo in una situazione disastrosa e per tirarcene fuori non possiamo che fare affidamento a noi stessi. Dobbiamo tapparci le orecchie, non possiamo più ascoltare le voci che vengono dall'alto, le uniche melodie che ci possono raggiungere devono venire dal cuore di chi ci sta accanto. Ma non dobbiamo avere paura. Mai più possiamo essere bloccati dal terrore. Le nostre paure sono l'arma più potente al servizio di chi ci può controllare. Non dobbiamo mai averne, mai.

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