venerdì 5 aprile 2013

Soldi e lavoro

Soldi = ti servono.
Ti servono per mangiare.
Ti servono per avere un letto nel quale dormire.
Ti servono per imparare.
Ti servono per avere un mezzo col quale muoverti.
Ti servono per alimentarlo.
Ti servono per farti una famiglia ed avere una casa dove accudirla.
Ti servono per bellezza.
Ti servono per quel qualcosa in più.
Ti servono per lavorare.
Ti servono per cominciare, per poterne fare altri.
Ti servono per invecchiare.
Ti servono per cure, medicinali e soggiorni in case di riposo.
Ti servono per morire.
Servono a metterti in una scatola buia sepolta metri sotto terra.

Lavoro = Se li vuoi.
Se vuoi i soldi, devi spendere sudore.
Se li vuoi, devi piegarti e sopperire.
Se li vuoi, devi rinunciare a qualcosa.
Se li vuoi, devi fare cose che non vuoi.
Se li vuoi, devi conoscere lati inquietanti.
Se li vuoi, devi fare dei sacrifici.
Se li vuoi, devi stare zitto.
Se li vuoi, devi dire di sì.
Se li vuoi, devi funzionare.
Se li vuoi, devi venderti.

Ciò che più mi stupisce quando osservo questo mondo maledetto è la carenza d'interesse della gente comune nei riguardi di ciò che fanno. Più che carenza d'interesse forse bisogna chiamarla "minore sentimento d'importanza", qualcosa di più semplice non mi viene, suggeritemelo voi. La maggior parte della gente prova piacere a condividere momenti che della loro vita giudicano belli quando si trovano a contatto con la natura, pur non essendone necessariamente coscienti in quel momento. Attimi di sport, pic-nic, panorami, viaggi, gatronomie, arte. Sono momenti in cui la macchina stupefacente che è il corpo umano è in ammirazione della natura, sia essa nella sua (umana) biologia, sia nella maestosità di un paesaggio, sia nella complessità di un pensiero in un attimo in cui queste tre cose sono perfettamente in simbiosi.
Dico che la maggioranza degli abitanti del popolo industrializzato (ciò per cui oggi si intende con "gente comune") provi piacere nel ricordare queste immagini poiché sono quegli istanti in cui hanno posto quel maggior riguardo in quella determinata cosa. Mi spiego: l'uomo pone più attenzione al piacere che al dovere, conseguentemente è molto più attento a cosa accade mentre si sta sentendo bene, fa più attenzione ai particolari, ragiona sui perché, prova a coordinarsi, si organizza, ottimizza, cerca la perfezione.
Il mondo del dovere è tutto il contrario.
Il mondo del dovere nella visione moderna è un mondo di assenza di piacere.
L'assenza di piacere provoca automatismo, svogliatezza, accettazione.
I gesti quotidiani di una persona su un posto di lavoro assumono una connotazione sempre più opaca, vengono assorbiti dall'automatismo e perdono di significato. Le credenze, le fedi e gli ideali di un singolo vanno a farsi fottere sul posto di lavoro. Sei costretto a venderti per vendere per poter comprare la vita. Sei costretto ad accettare ognuna di quelle cose che non sopporti, contro le quali combatti nella tua vita privata. Sei costretto a fregartene e a continuare a compiere quei gesti controvoglia per tutta la vita, o almeno per i suoi anni migliori. Sei costretto a vederti deturpare e a vedere deturpata la tua Terra, che tanto hai amato in quegli scatti così intellettualmente lontani, in una secca posizione di impotenza.
Così si va a morire, noi col nostro pianeta.

Questa è una realtà che non si presenterebbe nel caso in cui dovere e piacere coincidessero: in questo caso l'uomo sarebbe in grado di innestare un'evoluzione costante della sua professione nel ricordo e nella ricerca di quel locus amenus tanto ammirato, si cercherebbe di rendere il proprio ambiente lavorativo nel perseguimento di quell'ambiente ricreativo così perfetto.

Questo non è ciò che succede nel mondo industrializzato.

Photo by Alberto Campagna

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